Il Lago di Ventina
Adattamento da G. Cammerini, "FIUME VELINO", Progetto INFEA*

Sul lembo sudoccidentale della Valle Santa il fiume Velino si insinua tra i monti sabini (a sinistra) e il monte Rotondo, creando la stretta vallata di Piano di Canale, la quale lo porterà fino al ciglione delle Marmore, collegandolo dapprima con il Lago di Piediluco. Nel primo tratto di Piano di Canale, terminata la costa del Monte Lungo, sulla destra del fiume converge la valletta che ospita il lago di Ventina posto a quota 365 mslm. Prima delle bonifiche tutta questa area, Piano di Canale, Ventina, e poi l’enclave di Piediluco, formava il lembo occidentale del lacus Velinus, connesso senza soluzione di continuità all’immenso acquitrino della Conca reatina estendentesi al di qua del monte Rotondo. Oggi il lago di Ventina si trova isolato alla destra del fiume tra i monti Lungo e Restano (quest’ultimo delimitante a occidente la porzione meridionale dell’enclave del lago di Piediluco). Il fiume Velino, che probabilmente rifornisce le falde scorre accanto, separato, anche se un tempo vi era un collegamento attraverso un piccolo canale attualmente ostruito.


Dalla sovrastante rocca medioevale di Moggio Alto c’è un panorama particolarmente ampio che abbraccia il Terminillo, la Piana Reatina. il Piano Canale ed il lago di Ventina. Le due colline tra le quali si trova il lago di Ventina, esposte sull’asse nord-sud, ospitano boschi e piante differenti che accrescono il panorama vegetale del lago. Infatti monte Restano esposto a sud è caratterizzato da una macchia mediterranea con specie come leccio, terebinto. ilatro comune, fillirea ed altre specie termofile, mentre monte Lungo esposto a nord è ricoperto da un bosco misto con roverella, cerro, corniolo, carpino nero, orniello, nocciolo e aceri. In mezzo, incastonato, il lago è circondato da una fascia continua di elofite e ad ovest da una pianura pascolata attraversata da una fitta rete di fossati circondati da salici bianchi (Salix alba), salici cinerei (Salix cinerea), in misura minore da salici da ceste (Salix triandra) e da salici rossi (Salix purpurea); lungo le fasce maggiormente a ridosso dei versanti compaiono anche dei pioppi bianchi (Populus alba) e dei pioppi del canadà (Populus canadensis). La particolare morfologia che circonda il lago con prati, piccole colline, aree coltivate ospita una vegetazione assente nella vicina area dei laghi reatini, infatti dopo la fascia di vegetazione igrofila si trovano piante come il ginepro (Juniperus eommunis) con esemplari con forme quasi arboree, il biancospino (Crategus monogyna), la frangola (Frangula alnus) ed una sede di alberi centenari di roverella che offrono un paesaggio ed un ecosistema unico, pressochè scomparso nei territori limitrofi. La flora del lago è estremamente ben conservata è altamente diversificata, le specie censite sono circa 400 e comprendono elementi di elevato interesse scientifico. Si può a questo proposito ricordare Butomus umbellatum, Epipactis palustris, Nuphar luteum, Dactvlorhiza ìncarnata e Ranunculus lingua, per quest’ultime due specie il lago rappresenta l’unica stazione nota per il Lazio. Un particolare segno naturalistico è dato dalle fioriture di iris d’acqua (Iris pseudacorus) e ninfea gialla (Nuphar lutea) che colorano di giallo le sponde del lago. Anche tra la fauna si riscontrano numerose specie di interesse ed una elevata biodiversità: sono state censite 29 specie di Libellule di cui due specie nuove per la fauna dell’Italia centrale (Erythromma najas e Cordulia aenea), sono inoltre presenti tre specie ornitiche che rientrano tra quelle di interesse comunitario, il tarabusino (Ixobrychus minutus), il nibbio bruno (Milvus migrans) ed il martin pescatore (Alcedo atthis).

Tra i mammiferi le presenze che caratterizzano gli ambienti umidi sono la volpe (Vulpes vulpes), il tasso (Meles meles). e l’istrice (Hvstrix cristata). Le Libellule, predatori in cima alla catena alimentare del mondo degli insetti acquatici sono il simbolo più importante della biodiversità del lago, infatti tra le specie presenti è stata rilevata la presenza di specie nordiche, rare o del tutto assenti nel resto dell’Italia peninsulare, mentre quelle mediterranee sono presenti anche in altre aree umide lungo il fiume. Queste presenze, giustificano l’ipotesi che gli ambienti del lago di Ventina sono rimasti sostanzialmente invariati tanto da ospitare specie comuni durante le glaciazioni in tutta l’Italia centro­meridionale. Infatti queste specie, testimonianza di epoche e climi così lontani oggi sono presenti nelle regioni nordiche o in alcuni ambienti relittuali proprio come il lago di Ventina.

La biodiversità elevata dell’area e l’assenza di modificazioni importanti da parte dell’uomo ci fa immaginare come doveva essere il panorama anche migliaia di anni orsono. Intorno al lago si trova un’ambiente seminaturale tra i campi coltivati e vegetazione naturale che si estende fino ai paesi di Colli sul Velino e Labro. Qui si incontra una natura ruralizzata, testimone di un mondo contadino ieri simbolo di arretratezza, oggi sinonimo di scelta culturale. Siepi, boschetti, alberi centenari isolati, fontanili costituiscono un ecosistema interessante nel quale esiste un tacito accordo tra natura ed attività dell’uomo: l’istrice, il riccio, il barbagianni, il cinghiale, la volpe e la fama, l’averla piccola e l’upupa qui con la loro presenza riescono ancora ad entrare nella vita quotidiana.

LA STORIA E l'ARCHEOLOGIA

 Si è parlato delle presenze entomologiche del lago come relitti glaciali e testimonianza di una geografia immutata nei secoli, ebbene a confermare queste ipotesi ci viene incontro l’archeologia, che ci parla di siti protostorici nelle colline circostanti risalenti alla prima età del bronzo. Con un po' di fantasia non è difficile immaginare il paesaggio di 5000 anni fa quando le acque avevano un ruolo da protagonista assieme ai boschi che in quell’epoca dovevano ricoprire parti consistenti delle aree limitrofe: in basso pini, abeti e querce un po' più in alto faggi. Boschi sacri, i già citati Vacunae nemora descritti da Plinio il Vecchio che, al di là della discussione sulla loro reale collocazione, visto il loro valore simbolico-sacrale, dovevano essere presenti in varie aree del territorio, forse un po' come oggi le nostre chiese. Le testimonianze delle epoche successive sono rappresentate dai paesini medioevali circostanti: Colli sul Velino, Moggio Alto ed infine Labro che più di ogni altro conserva forme ed architetture inalterate come mille anni fa. Sentinella di pietra tra le dolci colline umbre e l’appennino aspro e innevato, fa capolino sui quattro punti cardinali con una disposizione che segue il corso del sole, adagiato sul cono di montagna, dalla torre, un tempo profana, oggi sacra, si dipana fino a giungere sul lago di Piediluco.

►STORIA E MITO DEL LACUS VELINUS


* Giancarlo Cammerini, "FIUME VELINO, Il mito, la storia, la geografia, le acque, la vegetazione, la fauna, lungo il corso alla ricerca dei suoni dei colori della vita del fiume. Progetto INFEA, Provincia di Rieti*